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"Di là dal fiume e tra gli alberi": Roma, la grande illusione


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È davvero possibile raccontare Roma? Per alcuni è la città più bella del Mondo, ma c’è chi la trova caotica, rumorosa, invivibile. Troppo traffico, troppi Ministeri, troppe cupole. Forse addirittura troppa Storia. Eppure, tutte le strade portano a lei, perlomeno quelle principali. Così dall’Italia intera, come in un imbuto, tutti finiscono per cadere nel suo ventre carezzevole e sornione. Una città riletta da Giuseppe Sansonna in Roma, la grande illusione, in onda alle 22:00 su Rai 5.

Roma è un mondo di mezzo, in cui tutto si mescola. Collezionisti come Giuseppe Garrera, in cerca di schegge d’eterno, reperite tra i banconi degli svuota-cantine, nelle albe di Porta Portese. Scrittori come Walter Siti che hanno cercato il loro Ercole effimero nelle palestre di borgata e finiscono per raccontare il contemporaneo italiano, non solo romano. Francescani come Paolo Benanti, con i piedi tra le rovine dei Fori imperiali e la testa nel futuro, capaci di conciliare teologia ed etica della tecnologia. Raffinati borghesi cubani che all’Actors Studio di New York hanno imparato come si diventa coatti, per entrare nel cuore di una città. Come Tomas Milian, attore talentuoso e poliedrico, che ha ricalcato le avventure del proprio commissario trucido, sulle gesta di Nicola Longo, poliziotto senza paura, abilissimo a travestirsi da delinquente per infiltrarsi nei night romani e corrodere la mala dall’interno.

Gianni Garko, un altro attore, esule dalmata e raffinato attore teatrale, ha trovato la sua Arizona alla Magliana diventando Sartana, figura mitica di tanti spaghetti western. Forte di un volto da Far West, come quello di Zdenek Zeman, uomo di Praga capace di unire tifosi laziali e romanisti. Amato e contestato con la stessa intensità, per la bellezza troppo indifesa del suo calcio. Utopista controverso, diverso ma non troppo da Maurizio Montesi, calciatore laziale vicino a Lotta Continua, sparito nel grande ventre della città. Nelle fornaci dell’Aurelio rimbombano ancora strane voci. Giurano che Vladimir Ilʹič Lenin stava per portare la sua rivoluzione, proprio all’ombra di San Pietro. Ma poi popolani e aristocratici si sono riconciliati a Capannelle, nell’ebbrezza della volata finale. Puntando sullo stesso cavallo, tutto il loro regno e la loro miseria. Sarà per il grande palcoscenico di resti, ma in questa città i morti e i vivi si confondono. Nessuno si estingue del tutto, nessuno appare completamente vivo, in quest’Urbe che sembra girare a vuoto, attorno al proprio mito. Convinta di restare, in eterno, la migliore delle illusioni.

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